Federica corbelli - la voce dell'abbandono
Segnalato da Satura Art GalleryCategoria: Mostre
Data: dal 12 giugno 2014 al 02 luglio 2014
Indirizzo: Piazza Stella 5/1
Provincia: Genova
Orario di apertura: 15.30 - 19.00
Sito internet: www.satura.it
Referente: Mario Napoli
Per informazioni: 010 2468284
E-mail: info@satura.it
S’inaugura sabato 21 giugno 2014 alle ore 17:00 nelle suggestive sale di Palazzo Stella a Genova, la mostra “La voce dell’abbandono” di Federica Corbelli a cura di Flavia Motolese. La mostra resterà aperta fino al 2 luglio 2014 con orario 15:30 – 19:00 dal martedì al sabato.
“Con le nuove tecnologie, siamo tutti capaci a fare una bella foto” sentenziano i detrattori del digitale ma ci si ricrede immediatamente, di fronte agli splendidi scatti di Federica Corbelli. Grazie a diverse angolazioni narrative, lo sguardo della fotografa affronta il tema dell’abbandono con una sensibilità che si pone a metà strada tra gli incubi romantici di Füssli e le citazioni cinematografiche cult. Lo spettatore è chiamato ad un viaggio nel lato oscuro della memoria. Carl Gustav Jung descrisse i fenomeni paranormali come manifestazioni di un particolare stato emotivo che si riverbera su una convinzione radicata a livello collettivo; queste opere sembrano confermare tale visione inaugurando un periplo per i palazzi dismessi dopo l’approvazione della legge Basaglia. I manicomi chiusi, lasciati alla polvere e all’incuria sono lo specchio impietoso del rimosso che la nostra società cerca di occultare e controllare. I raggi di luce che delineano le morbide malinconie delle stanze ricalcando il discorso filosofico di Roberto Peregalli e Michel Foucault. Le superfici vengono costantemente intaccate dallo scorrere di un tempo che l’inconscio vuole abolire, trasformandolo in categoria proibita. Dal punto di vista puramente estetico, questo si traduce nella scelta di tonalità seppiate che sfumano i contorni e delineano forme fuori luogo, come allucinazioni metafisiche. Solo a tratti irrompe un chiarore costituito delle mille sfumature del bianco e del giallo ambrato, un chiarore simile a quello delle “Empty Rooms” di Hopper. Le camere non sono mai veramente vuote: in ogni inquadratura l’attenzione è focalizzata dalle reliquie di storie cancellate; e lo stesso avviene per gli scheletri delle giostre in disuso – muti dinosauri che testimoniano un’industria del divertimento passata di moda, ma sedimentata nella costruzione dell’identità. (Testo critico di Elena Colombo)
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